sabato 6 giugno 2015
UN MESTIERE CHE DIVENTA PERICOLOSO di Stefano Maria Toma
Nell’editoriale del 2012 di questo Codice, auspicavamo, fra l’altro, il ricorso e il ritorno al diritto sulla libertà di stampa e, alla legge che ne è la diretta e imprescindibile emanazione. Purtroppo, l’invito non ha sortito risultati rassicuranti. Proprio alla fine del 2012 si sono verificati alcuni episodi che lasciano in ognuno di noi, giornalisti, operatori della comunicazione e cittadini, l’amaro in bocca. La disavventura occorsa a un direttore di quotidiano per aver omesso controllo in relazione ad un articolo dal contenuto ritenuto diffamatorio, e per il quale reato egli ha corso il rischio di andare in carcere, ha riproposto con urgenza una configurazione chiara e inequivoca sul rapporto fra la Costituzione che sancisce la libertà di stampa, e le numerose leggi che dovrebbero tradurla in pratica e che invece di fare chiarezza ne tradiscono lo spirito. In altre parole ribollono molte, troppe norme dal contenuto ambiguo che lasciano più lascito alla interpretazione e meno ad una rigorosa osservanza del dettato e dello spirito della Costituzione. In altre parole ci sono troppe leggi bypartisan in bilico fra il diritto all’informazione e altri diritti alla privacy, alla protezione dalla diffamazione, ecc. Dal diritto alla realtà e al mercato, il saltorisulta addirittura temerario. Davanti ad un profluvio, disordinato ed eccentrico, di fonti e di informazioni che provengono da ogni parte (dalla carta alla tv a internet, motori di ricerca, social network, ecc) e davanti alla mutazione genetica dei quotidiani in una galleria settimanalizzata di approfondimenti e di quadricromie, si rimane disorientati non tanto per la quantità, seppure considerevole, quanto per la qualità e la varietà delle informazioni da gestire nel tempo. Il risultato è che fra la notizia, la sua molteplice “confezione” e la sua trasmissione, non esiste più il tempo, anzi talvolta sembra che il tempo si anticipi su se stesso e che le notizie che vi convergono appartengono a un non-tempo e ai non-luoghi evocati da Marc Augé. Ma al di là di tutto ciò, l’informazione ha da fareanche con un moltiplicarsi di operatori dell’informazione. Talché il primario spartiacque fra costoro e fruitori, si è andato sempre più dissolvendo fino a confondere in taluni casi gli uni con gli altri. E tanto per tornare all’esordio di queste righe, occorre ribadire che un mestiere come il nostro è ridiventato tanto “pericoloso” quanto infido, con troppe discrezionalità sulle quali sovente incombono spade di Damocle su ogni ripartizione di poteri e di responsabilità. E di mercato che fa sempre più offuscandosi sia in termini di vendite sia in termini di assetti azionari: purtroppo il 2013 si preannuncia per l’editoria giornalistica e per i suoi livelli di occupazione un anno infausto. In conclusione, una pubblicazione annuale come il nostro Codice, lungi dall’esaurire di consistenza, è costretta a rinvigorirsi lungo una rotta determinata e chiarificatrice.
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