mercoledì 27 maggio 2015

L'ATTESA INUTILE DI NAPOLI di Stefano Maria Toma

Napoli giornalismo L'ATTESA INUTILE DI NAPOLI di Stefano Maria Toma
Sfido a trovare, non dico in Italia, ma al mondo una nomenclatura così virata al peggio come quella che si va sempre più riservando a Napoli. Dalla “porosa” di Walter Benjamin alla “deragliata dalla storia” di Aldo Masullo, ormai su un binario morto dal quale sarebbe difficile schiodarla, alla Napoli diventata l’ombra di se stessa, vituperata fino a pochi mesi fa da tutti i media dell’universo, e disamministrata da una classe dirigente dipinta come la peggiore, una volta la si definiva digerente, in sella soltanto per gestire il potere e per autogenerarsi rifugiandosi nella scorciatoia degli annunci. Attraverso queste maglie passano anche chicche di saporita chincaglieria come la Napoli fuorigioco o affetta dal morbo di Parkinson, una città dove anche i termini che le si affibbiano , come “strategica”, si ribaltano per definire il proprio contrario con la filosofia del rinvio, insomma una foresta pietrificata, per non dire dei napoletani da sempre imbattibili a parlarne male innaffiandola con le più imperdibili invettive.Insomma, una città da si salvi chi può. Nel frattempo la scorta di futuro di Napoli si assottiglia con circa 30 mila giovani diplomati e laureati che, zaino in mano, nel 2007 fino al 2014l’hanno lasciata per l’altrove. Mentre la camorra, raccogliendo proseliti specialmente nei quartieri poveri, trova nell’assenteismo scolastico il più fecondo supporto. Tanto che sarebbe opportuno, come io ora sto facendo, chiedersi a chi conviene che tutto non funzioni relegando Napoli ad un equilibrio omeostatico. Qui sembra proprio che non difettino le vie di fuga dalle proprie responsabilità. Ora il colmo è che su una comunità così perdente e perduta da non meritare nemmeno lo sputo della storia, si arrovellano al suo capezzale terapeuti sotto le spoglie di urbanisti, economisti, giornalisti, cercando di somministrarle un futuro possibile. C’è chi propone la “cura” del centro storico, dal 1995 patrimonio dell’Unesco e che potrebbe con i primi 220 milioni di euro stanziati risollevare la testa e favorire una prima timida inversione di tendenza. (Sempre ché nel frattempo, valutato lo stato di abbandono di molti monumenti, chiese e strade, l’Unesco ci ripensi ritirando il proprio patrocinio). C’è il sempiterno ottimista che insiste su Bagnoli (l’incompiuta che brucia 400 miliardi dal 1996 all’aprile 2002 ai quali, con la subentrante Bagnolifutura fino al 2008. Si aggiungono altri 970 milioni di euro. Dodici anni senza combinare pressochè nulla. Ce ne sono voluti appena quattro per edificare un’intera capitale come Brasilia. E ora si attewbnde dopo vent’anni che il premier Renzi dopo tanti tentennamenti nomini un commissario. La vita non è altro che un’attesa. Peraltro abbastanza inutile

Nessun commento:

Posta un commento